Meta, Google e il problema dei server americani

Meta,Google e il problema dei server americani

Non troppo tempo fa (link all’articolo) abbiamo riportato un importante provvedimento del Garante privacy austriaco, il quale ha sanzionato un’azienda locale per aver fatto massiccio ricorso a Google analytics. L’Autority ha infatti applicato i principi individuati dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nel celebre caso Schrems, rilevando il mancato rispetto del Gdpr da parte di Google, poiché i dati raccolti tramite Analytics vengono raccolti e trattati su server americani. Sul punto la Corte è stata lapidaria: gli Stati Uniti non dispongono di una normativa adeguatamente tutetalente in tema di data protection; pertanto, qualsiasi trattamento che avvenga su server situati in territorio statunitense è da considerarsi illegittimo.

La decisione Schrems, rafforzata dal provvedimento del Garante austriaco, ha scatenato la reazione di Meta (holding che controlla, tra le altre piattaforme, Facebook e Instagram). Nel report annuale presentato alla Securities and Exchange Commission (SEC), il colosso social ha dichiarato che, in presenza di una normativa così restrittiva per le aziende americane, non può essere garantita la permanenza dei servizi sul suolo europeo. I sistemi Meta, infatti, possono ad oggi funzionare soltanto grazie al trasferimento dei dati personali dall’Europa agli USA.

Tuttavia, la risposta dell’UE non si è lasciata attendere. Il portavoce della Commissione europea Eric Mamer ha infatti dichiarato come l’Unione tenga “ovviamente conto dei punti di vista espressi dagli operatori economici, ma agisca autonomamente quando deve stabilire i suoi regolamenti”. Nessun passo indietro dunque, e nessuna apertura alle pressioni americane. Il futuro è incerto e, nel frattempo, cresce il disorientamento dei tanti operatori economici attivi sui servizi Google e Meta.

 

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Meta, Google e il problema dei server americani

Non troppo tempo fa (link all’articolo) abbiamo riportato un importante provvedimento del Garante privacy austriaco, il quale ha sanzionato un’azienda locale per aver fatto massiccio ricorso a Google analytics. L’Autority ha infatti applicato i principi individuati dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nel celebre caso Schrems, rilevando il mancato rispetto del Gdpr da parte di Google, poiché i dati raccolti tramite Analytics vengono raccolti e trattati su server americani. Sul punto la Corte è stata lapidaria: gli Stati Uniti non dispongono di una normativa adeguatamente tutetalente in tema di data protection; pertanto, qualsiasi trattamento che avvenga su server situati in territorio statunitense è da considerarsi illegittimo.

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La decisione Schrems, rafforzata dal provvedimento del Garante austriaco, ha scatenato la reazione di Meta (holding che controlla, tra le altre piattaforme, Facebook e Instagram). Nel report annuale presentato alla Securities and Exchange Commission (SEC), il colosso social ha dichiarato che, in presenza di una normativa così restrittiva per le aziende americane, non può essere garantita la permanenza dei servizi sul suolo europeo. I sistemi Meta, infatti, possono ad oggi funzionare soltanto grazie al trasferimento dei dati personali dall’Europa agli USA. 

Tuttavia, la risposta dell’UE non si è lasciata attendere. Il portavoce della Commissione europea Eric Mamer ha infatti dichiarato come l’Unione tenga “ovviamente conto dei punti di vista espressi dagli operatori economici, ma agisca autonomamente quando deve stabilire i suoi regolamenti”. Nessun passo indietro dunque, e nessuna apertura alle pressioni americane. Il futuro è incerto e, nel frattempo, cresce il disorientamento dei tanti operatori economici attivi sui servizi Google e Meta. 

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